Il popolamento del Territorio pratese dalla Preistoria all' età romana
È certamente un' impresa tutt'altro che agevole, sicuramente ambiziosa e fors'anche prematura, quella di ricostruire e ricomporre in un quadro organico la serie di notizie e la moltitudine di dati, per lo più inediti, di cui si dispone per la Provincia di Prato, l'ultima nata in Toscana. Ad eccezione dell'Artiminese, l'intero territorio aveva infatti avuto fino a qualche anno fa una scarsa rilevanza nella letteratura archeologica, essendo ricordato in opere ottocentesche di carattere naturalistico-antiquario e in ricerche di appassionati o cultori di storia locale - per lo più notizie in scritti di scarsa diffusione e di difficile reperimento - ed essendovi mancata una serie di ricerche e ricognizioni topografiche svolte con continuità dagli organi preposti, finalizzate ad una lettura certa, del suo sviluppo diacronico.
Durante la felice stagione rappresentata dalla metà degli anni Settanta e dai primi anni Ottanta, maggiore fortuna ha avuto la preistoria che è stata oggetto di studio da parte dell'Università di Siena, quando il territorio era ancora compreso nella Provincia di Firenze, con contributi che hanno interessato, con alcune eccezioni, materiali raccolti da associazioni di volontariato o da singoli ricercatori.
Questa breve nota rappresenta solo un'anticipazione del laborioso lavoro di ricerca e di sistematizzazione dei dati avviato a Maggio del 2003, e tuttora in corso, che ha come obiettivo ultimo la redazione della Carta archeologica del territorio pratese compreso entro i limiti amministrativi provinciali 1) .
Al momento è impossibile esaurire tutte le problematiche legate al popolamento dell'area dalla preistoria all'età romana e verrà quindi presentata una campionatura delle evidenze più significative.
I - La preistoria
Per quanto attiene il lungo arco temporale compreso fra il Paleolitico e l'età del Bronzo
disponiamo di una moltitudine di segnalazioni che seppure frammentarie e non ugualmente rappresentate nei diversi ambiti territoriali della provincia 2), consentono di affermare che il territorio pratese è stato frequentato senza soluzione di continuità dal Paleolitico inferiore fino alla fine dell'età del Bronzo 3).
Le testimonianze relative al Paleolitico inferiore consistono in scarse industrie rinvenute sui rilievi collinari di Comeana 4), cui si riferiscono due bifacciali acheuleani (Fig. 1) di cui uno in diaspro rosso a profilo lanceolato e sezione piana, l'altro in selce, rinvenuti unitamente a raschiatoi, denticolati, nuclei e da sporadici ritrovamenti effettuati sempre nel territorio di Artimino su un terrazzo dell'Ombrone adiacente a via di Poggiorsoli, a Vainella e nella valle del torrente Bardena, dato, quest'ultimo,ancora da verificare.
Meglio documentata è la situazione per il Paleolitico medio. Alle già note stazioni di Figline e Galceti 5), si sono aggiunti in anni recenti una serie di rinvenimenti che interessano tutta la fascia pedemontana del Monteferrato e della Calvana e i margini della piana su entrambe le rive dell'Arno che attendono ancora di essere valutati nel loro complesso. Ci si riferisce ad esempio ai materiali di S. Ippolito 6) e alle numerose segnalazioni da Prato Rione La Pietà, villa Fiorita, Montemurlo, Villa Campolmi, Vainella, Galcetello, Comeana.
Si tratta di una serie di raccolte di superficie per le quali risultano difficili attribuzioni più precise ad eccezione delle stazioni individuate nel territorio di Comeana, riferite ad un momento finale del Musteriano 7) e di quella di Galceti che presenta un'industria in diaspro rosso i cui affioramenti naturali si trovano in prossimità del sito. L'industria è costituita da denticolati (raschiatoi denticolati carenoidi) schegge a ritocco semplice, erto, marginale, che rappresentano la componente più arcaica, cui sono associati strumenti più evoluti quali troncature, becchi, strumenti a dorso. Il complesso è stato attribuito da Gambassini 8) ad una fase di passaggio dal Musteriano al Paleolitico superiore arcaico; Fornaciari 9) li attribuisce invece ad un Musteriano di tecnica "levallois", ma si tratta probabilmente di due raccolte diverse.
Relativamente all'ultima fase del Pleistocene e alla prima dell'Olocene cioè al Paleolitico superiore / Mesolitico, senza possibilità, al momento,di proporre per la maggioranza delle segnalazioni, più precise scansioni cronologico culturali, sono le numerose testimonianze sempre di superficie rinvenute sulle pendici collinari di Artimino (alla confluenza tra Ombrone ed Elsana, in via di Poggiorsoli a Podere Le Casette) 10) o situate sulle prime propaggini pedemontane sulla riva opposta dell'Arno come Meretto, ubicato su un terrazzo della sponda destra del Bisenzio, ricondotto genericamente al Paleolitico superiore 11).
A conferma di una tipologia insediamentale che predilige i terrazzi e i rilievi collinari nei pressi di corsi d'acqua è la stazione di Poggio alla Malva, uno dei pochi ritrovamenti ascrivibili in Toscana ad una fase iniziale dell' Epigravettiano antico 12). Come del resto l'ubicazione dell'unico insediamento toscano del Gravettiano rinvenuto in Mugello 13).
A quote più alte, i ritrovamenti sono distribuiti lungo tutto il crinale della Calvana fino al Valico di Montepiano (Valico di Montepiano, Cascina di Spedaletto) e sembrano più francamente, in alcuni casi, riconducibili ad un momento inoltrato del Mesolitico se non addirittura ad un primo Neolitico 14). I siti ad alta quota, lasciati liberi dallo scioglimento dei ghiacciai dopo l'ultima glaciazione risultano d'altronde frequentati da gruppi di cacciatori su tutto il crinale dell'Appennino Tosco Emiliano in particolare nella valle del Serchio 15) e nell' Appennino pistoiese 16) e sono stati interpretati come campi base o piccoli bivacchi di cui si conservano strumenti di taglia microlitica utilizzati durante le battute di caccia.
Fin dal Neolitico e in modo più marcato nel periodo successivo Eneolitico, la piana dove poi sorgerà la città di Prato, era sede di insediamenti stabili, fatto questo largamente prevedibile se si ha presente la dovizia di informazioni relative al periodo preistorico che sta emergendo dalla limitrofa piana di Sesto Fiorentino 17).
Gli scarsi ma significativi reperti in parte già noti provenienti dalla zona di Villa Fiorita 18) riferibili all'aspetto culturale della ceramica lineare (Fig. 2 n.1), altri rinvenuti nei pressi del Museo Pecci che sembrerebbero indicare l'esistenza dello stile meandrospiralico della fase piena dei vasi a bocca quadrata fra i quali spicca quello di Fig. 2 n.2, ed infine quelli pertinenti ad una fase più tarda del Neolitico da Ponte Petrino (Fig. 2 n.3), attestano nella piana una ben radicata presenza di popolazioni di agricoltori che, in particolare nelle fasi piena e finale del Neolitico,erano già in possesso di tutta quella serie di cognizioni necessarie alla coltivazione dei suoli pesanti di fondovalle.
Per tutto il corso del IV e del III millennio queste comunità continuano ad abitare in pianura come testimoniano i frammenti da Ponte Petrino, e quelli cronologicamente più recenti riferibili al Campaniforme da Villa Campolmi, Galcetello (Fig. 2 n.4 ), Podere Banchieri 19) per citare alcune delle evidenze più significative. Queste popolazioni inoltre conoscevano ed estraevano il rame del Monteferrato e lo fondevano per ricavarne utensili d'uso quotidiano. Ne dà testimonianza il rinvenimento a Ponte Petrino di un crogiuolo sul quale sono in corso analisi metallografiche di prossima pubblicazione 20).
Riconducibile al Neo-Eneolitico risulta poi una consistente quantità di punte di freccia (Fig. 2 n.5 ) realizzate in selce e diaspro che si sono venute ad aggiungere a quella proveniente dal Castello dell'Imperatore 21) e che sono frutto, ad eccezione di una proveniente da Pietramarina, di recuperi occasionali effettuati in massima parte sulla Calvana e sul Monteferrato 22).
In particolare le alture alle spalle della città di Prato rappresentavano, per le popolazioni che vivevano nei villaggi della fertile pianura alluvionale, una riserva di caccia ed un vicino luogo di pascolo per le greggi che vi venivano condotte nei periodi estivi.
Se l'antica età del Bronzo nell'area, escludendo il Campaniforme di cui si è detto sopra, non sembra al momento documentata - come del resto in modo meno marcato rispetto ai periodi precedenti risulta testimoniata nella vicina piana sestese 23) - si dispone di una maggiore quantità di informazioni per i periodi successivi dell'età del Bronzo, dalla media alla finale.
Per la media età del Bronzo le prime notizie risalgono alla metà degli anni '70 - inizi anni '80 e si riferiscono al sito di Filettole posto su un terrazzo in lieve declivio alla periferia di Prato, all'imbocco della Val di Bisenzio, oggetto di un saggio di scavo nel 1974, collocabile in seguito ad una successiva rilettura all'inizio della media età del Bronzo 24).
Rinvenimenti di più difficile inquadramento all'interno del periodo sono da tempo segnalati a Cava Rossa di Figline, attribuiti ad una fase tarda dell'Appenninico, a Galceti riferiti ad una fase iniziale del Bronzo finale, a Podere Murato, più genericamente riconducibile all'età Bronzo 25) mentre materiali verosimilmente inquadrabili tra l'antica e la media età del Bronzo stanno emergendo sulla Calvana.
A Gonfienti, su un alto morfologico non lontano dalla confluenza del Torrente Marinella con il fiume Bisenzio, sono recentemente state individuate due significative presenze che per la Toscana costituiscono elementi di indubbia novità 26).
Nell'area dello Scalo Merci dell'Interporto della Toscana centrale è venuto in luce un ampio e articolato insediamento della piena media età del Bronzo di circa 4000 mq che è stato possibile indagare in estensione (Figg. 3 e 4). Gli scavi, ultimati nell'autunno del 2007 27), hanno consentito di individuare una quarantina di strutture di dimensioni e forma diverse semplici o multiple, più o meno profonde, con un'unica fase di utilizzo o più momenti di frequentazione anche ravvicinati nel tempo, le cui interrelazioni e funzioni verranno chiarite con il proseguimento degli studi 28).
In area prossima, più vicino al Bisenzio, lungo l'asse stradale Mezzana-Perfetti Ricasoli 29), era collocato un altro abitato - ma forse data la vicinanza con lo Scalo Merci si tratta di un unico grande insediamento che nel tempo si è ampliato - i cui materiali, ancora in corso di studio e restauro, sono stati al momento ricondotti ad una fase antica del Bronzo recente (Fig. 5) anche se non mancano significativi elementi sia della media età del Bronzo che - più sporadici - relativi ad una fase successiva 30). In entrambi i casi si registra una ricchezza ed una varietà di elementi della cultura materiale finora impensabile per la Toscana settentrionale che colmano lacune culturali e cronologiche (la prima fase del Bronzo recente era pressoché sconosciuta come peraltro scarsamente testimoniato era anche l'Appenninico), ma soprattutto risultano inequivocabilmente attestati, a volte in una commistione di elementi, i rapporti con l'ambito medio tirrenico e transappennico (terramare).
Per il Bronzo finale disponiamo di un'unica attestazione sul Monte Ferrato, da dove proviene una notevole quantità di reperti (Fig. 6) il cui repertorio, per quanto arricchitosi negli anni, non ha al momento consentito di modificare l'attribuzione cronologica ad una fase finale del periodo, proposta alla metà degli anni '70 31) .
Sulla sommità dell'altura è presente un villaggio fortificato e strutturato secondo un modello insediamentale non infrequente alla fine dell'età del Bronzo anche nella Toscana settentrionale 32), che deve la sua occupazione alla strategicità della posizione, a controllo della piana e dell'ingresso della Valle del Bisenzio, oltre che alle risorse minerarie di cui il complesso orografico è ricco.
Paola Perazzi
II - Dall'età villanoviana all'età romana
Per l'età villanoviana, il sito più significativo dell'intero territorio della Provincia di Prato è senz'altro quello di Baciacavallo/Paperino-via del Ferro 33), dove i lavori connessi alla realizzazione di un depuratore e della sua profonda rete di collegamento da parte di Consiag hanno portato alla luce un gran numero di frammenti ceramici (Fig. 7), raccolti successivamente nella terra di risulta.
Il sito - nuovamente frequentato fra il VI e V secolo a.C., quindi in età romano-imperiale - ha il suo nucleo più significativo negli innumerevoli frammenti ceramici villanoviani. Fra questi, si segnalano porzioni di anse del tipo a corna tronche e cave, la cui tipologia è presente già nel Bronzo finale, prosegue nella prima età del Ferro (ad esempio a Veio, Tarquinia, Orvieto), trovando la sua massima diffusione in area bolognese ed in Toscana 34), nella zona a nord dell'Arno (Fiesole), con persistenze nel VII secolo, fino a giungere nel VI-V secolo a.c. con esemplari di bucchero e ceramica depurata in area pratese 35); di anse del tipo a maniglia a pseudotortiglione, frequente sui biconici almeno dal Villanoviano antico a quello evoluto e attestato anche nella pianura bolognese 36); frammenti con decorazione a pettinecon motivi angolari e meandriformi 37). Dagli elementi di cui disponiamo, si può ipotizzare una utilizzazione intensa dell'area fra la fine del IX e la prima metà dell'VIII secolo a.c.: la tipologia dei materiali può ricondurre sia ad una presenza insediativa che ad un'area sepolcrale, tenuto conto anche della notevole lunghezza del canale a suo tempo scavato, che può aver sconvolto più di un contesto funzionale.
Agli anni compresi fra la fine dell'VIII e l'inizio del VII secolo a.c. è riferibile la grande tomba "a pozzo" del tumulo B di Prato Rosello (Fig.8), ad Artimino, che documenta almeno dal tardo Villanoviano l'esistenza di una comunità viva e culturalmente attiva, oltre che già proiettata verso le aree transappenniniche 38). Si inaugura così la grande stagione artiminese, culminante nelle tombe orientalizzanti della stessa necropoli di Prato Rosello, situata sul versante nord della valle fluviale dell'Arno nel tratto trasversale alla dorsale del Montalbano, e nei tumuli di Boschetti e soprattutto di Montefortini a Comeana , dove la struttura monumentale della tomba più antica - con tamburo e terrazza-altare - ed il ricco corredo documentano da un lato la valenza cultuale-rituale della costruzione funeraria e dall'altro il pieno inserimento del suo proprietario in una rete di importanti rapporti commerciali e culturali, testimoniati dalle note importazioni di oggetti di lusso, quali avori, ambra, vetri, metalli, gusci di uova di struzzo 39).
Seppure lontani dalla completa comprensione dei modi e dei tempi dell'urbanizzazione del territorio artiminese, soprattutto per i periodi più antichi, un contributo significativo può essere offerto dai risultati di una recente campagna di scavo, effettuata in corrispondenza del pianoro di Campo dei Fagiani, ubicato a breve distanza dalla necropoli di Prato Rosello, in un'area dove le indagini geofisiche avevano evidenziato interessanti anomalie. Le operazioni di scavo hanno portato alla luce parte di un'area abitativa, con strutture a secco e massicciate, che accoglie un complesso sistema di raccolta per le acque, con canalette e pozzetti di diversa conformazione. I materiali 40), riferibili a produzioni diffuse nell'agro fiorentino-fiesolano nel corso dell'Orientalizzante recente, documentano per quest'epoca l'esistenza di un'area insediativa poco lontano dalla necropoli e coeva ad alcune fasi di quest'ultima. Il quadro che sembra delinearsi per il periodo orientalizzante e arcaico di Artimino appare pertanto costituito da tracce di insediamenti ubicati in diverse zone del territorio - fra questi anche l'area oggi compresa nel giardino della Villa medicea e della Paggeria, indicata come urbana fin dagli anni Settanta -, come peraltro sono diversamente ubicate le aree di necropoli. A quest'area si è recentemente aggiunta tutta la vasta porzione di oliveto compresa fra la Villa medicea ed il borgo, dove sono casualmente emersi strutture e materiali, che ne attestano l'uso insediativo per tutta l'età etrusca, con una maggiore presenza in periodo ellenistico, a conferma di quanto emerso nel corso della ricognizione negli anni Ottanta del Gruppo Archeologico Carmignanese (Fig. 11) 41). Bisognerà aspettare alcuni secoli per assistere alla realizzazione di una cinta muraria urbana artiminese, che definisca nettamente lo spazio abitativo della città e quindi l'identità politica della collettività 42).
Già nota ed utilizzata fin dal VII secolo doveva essere anche la viabilità connessa all'occupazione del colle di Pietramarina 43), sull'estrema propaggine meridionale del Montalbano, ben collegata ad Artimino, alla valle dell'Arno attraverso l'insediamento etrusco di Montereggi, al territorio pistoiese e agli itinerari transappennini diretti verso la Pianura Padana.
Per il periodo arcaico, l'intervento più significativo del territorio è senz'altro costituito dalla fondazione del nuovo centro etrusco di Prato Gonfienti, ubicato all'estremità della pianura pratese compresa fra il fiume Bisenzio, il torrente Marinella ed il piede del rilievo della Calvana con l'altura di Pizzidimonte (da qui provengono sia il bronzetto di offerente del British Museum di Londra, recuperato nel 1735, sia il bronzetto n.29 del Museo di Firenze, recuperato nel 1780) 44), un'area rimasta fedele nel tempo alla propria vocazione agricola, ma recentemente interessata da una intensa trasformazione, connessa alle esigenze di potenziamento infrastrutturale del territorio ed alla realizzazione di grandi opere pubbliche, in particolare l'Interporto della Toscana Centrale, concepito come il più grande scalo-merci regionale 45).
L'area in questione, ubicata alla periferia sud-orientale della città di Prato e adiacente al borgo di Gonfienti (al confine con il Comune di Campi Bisenzio), è collocabile al margine del bacino fluvio-lacustre Firenze-Prato-Pistoia ed è posta ad una quota media di circa cinquanta metri sopra il livello del mare, in corrispondenza di un alto morfologico non particolarmente interessato dalle esondazioni del corso del Bisenzio.
Le ricerche ad oggi effettuate, finalizzate sostanzialmente alla verifica dell'esistenza o meno di depositi archeologici nelle diverse aree, per poterne sancire il destino - utilizzazione nel progetto dell'Interporto oppure procedimento di vincolo -, sono state precedute da indagini geofisiche 46), quindi da verifiche delle anomalie mediante saggi stratigrafici, solo in rari casi da interventi di scavo più vasti, che hanno portato alla luce assi stradali ottogonali e aree abitative drenate da profondi canali perimetrali, che sembrano realizzate in forme modulari e - per quanto ad oggi noto- organizzate secondo le esemplificazioni di Marzabotto e di Roma 47).
Uno di questi edifici (Figg. 12 - 13), in particolare, costituito da una serie di ambienti che si affacciano su un cortile quadrangolare aperto e compluviato, ha restituito lo strato di crollo del tetto, con tegole e coppi, ma anche coppi di colmo, tegole dipinte e tegole converse trapezoidali, oltre a quattro antefisse tardo-arcaiche, con teste plastiche di menadi di pregevole fattura, incorniciate entro un grande nimbo a conchiglia con baccellature radiali, che ipotizziamo collocate in corrispondenza dei quattro angoli del portico, come la posizione di caduta e la connessione con le tegole trapezoidali sembrano indicare 48).
I materiali, rinvenuti all'interno delle aree ove l'indagine è progredita, sono sostanzialmente quelli tipici di un contesto domestico: forme da mensa, da dispensa e da cucina in impasto, tipiche dell'Etruria fra VI e V secolo a.C., affini alla produzione a scisti microclastici o a quella con inclusi bianchi nota nel medio e alto Valdarno; produzioni piuttosto standardizzate di ceramica depurata, che richiamano per gli aspetti tecnici e morfologici i coevi contesti di area etrusco-padana; una notevole quantità di vasellame di bucchero, per lo più riferibile a produzioni locali, come sembra di poter evincere dalle argille, oltre che dalla peculiarità di alcune tipologie (quali i kyathoi con anse a corna tronche e cave, diffusi ancora nel VII secolo nel territorio toscano a nord dell'Arno, a Gonfienti massicciamente attestate in contesti di VI secolo, anche in ceramica depurata) e dalla presenza di forme particolari realizzate sia in bucchero che in impasto, come il grande bacile su alto piede.
La ceramica attica, attestata da alcuni frammenti a figure nere riferibili agli ultimi decenni del VI secolo e da numerosi frammenti a figure rosse e a vernice nera databili entro il V secolo a.C., ha nella coppa a figure rosse attribuita a Douris (vedi imm.) o alla sua scuola il suo esemplare più prestigioso, che suggerisce l'elevato livello economico e sociale della comunità di Gonfienti e ne sottolinea l'inserimento all'interno di una estesa rete di contatti commerciali e culturali.
Alla luce di questi dati possiamo affermare - come è ormai noto - che a Gonfienti sta emergendo un nuovo centro etrusco, esteso ad oggi per circa diciassette ettari, realizzato in forme urbanistiche regolari almeno dalla seconda metà del VI secolo, che trova in Marzabotto la sua specularità e - in un certo senso - la sua giustificazione storica.
Come per Marzabotto, caratterizzato da urbanistica regolare, coerenza architettonica, oltre che da intense attività commerciali e artigianali, così anche per Prato possiamo presupporre una precisa strategia di controllo e di occupazione definitiva di vaste aree, all'interno di un complesso quadro di profonda trasformazione territoriale ed economica, che nella seconda metà del VI secolo investe l'intero Mediterraneo, con nuovi assetti politici e potenziamento di ambiti di influenza economica a nord. Nella fondazione di Gonfienti possiamo riconoscere la volontà di realizzare un nuovo centro in posizione strategica, nello stesso tempo punto di arrivo della viabilità interna che univa Chiusi a Cortona e Arezzo, a Firenze - Sesto Forentino, a Calenzano - Travalle, e punto di partenza dell'attraversamento transappenninico, a salvaguardia degli interessi di Fiesole, ma anche di Artimino, e delle rispettive reti di collegamento.
L'entità degli interventi che investirono questi luoghi emerge anche dall'analisi dell'orientamento astronomico del centro arcaico: infatti, le tracce centuriali pertinenti alla centuriazione di Florentia - identificate nel 1948 da Castagnoli con circa 35 gradi di differenza rispetto all'orientamento della città romana - appaiono piuttosto coerenti rispetto allo schema urbanistico del centro etrusco, avvalorando l'ipotesi di una sistemazione razionale del territorio almeno dall'età arcaica 49), probabilmente anche in relazione alla presenza di un percorso viario già allora fondamentale, forse lo stesso che in età romana condizionerà la razionalizzazione della piana dell'Arno fra Firenze e Pistoia, impostata sull'asse diagonale della Cassia, che collega in linea retta le due città 50),
Recentemente, al fine di identificare l'estensione di questo nuovo centro etrusco anche fuori dei settori di intervento dell'Interporto della Toscana Centrale, in particolare per le aree comprese fra quella già sottoposta a tutela ed il fiume Bisenzio - limite strategico e geografico fondamentale - , è stato impostato un ulteriore progetto di indagini geofisiche su vasta scala, con metodologia GPR, che ha coinvolto vasti terreni nei Comuni di Prato e di Campi Bisenzio.
Mediante la successiva esecuzione di circa 60 saggi di verifica delle anomalie, sono state individuate una serie di precedenti aree di espansione del Bisenzio e soprattutto una ulteriore zona di circa cinque ettari, che appare - per le caratteristiche urbanistiche, cronologiche e funzionali - come la naturale prosecuzione della porzione di insediamento arcaico già noto, che sembra pertanto raggiungere i diciassette ettari.
Mentre si scrive sono inoltre in corso le indagini archeologiche preventive nel sottosuolo di uno degli annessi agricoli della settecentesca Villa Niccolini (a Gonfienti) - al momento interessata da importanti opere di ristrutturazione e sottofondazione -, dove alcune porzioni di strutture perimetrali riferibili ad un altro edificio residenziale di periodo tardo-arcaico confermano l'esistenza dell'insediamento etrusco anche in quest'area.
Per quanto concerne il restante territorio pratese, sempre in area di pianura, poco lontano da Gonfienti, anche la zona oltre la ferrovia ha restituito ceramica di orizzonte arcaico; ai confini fra i Comuni di Prato e Calenzano, in via Bresci, è stato recuperato un bel frammento di kylix a figure rosse; dall'area di Podere Banchieri proviene una fibula inquadrabile fra il VI e il V secolo; dall'area sopra citata di Baciacavallo vengono frammenti ceramici di età arcaica, come a Podere Murato, e - più in alto - a Retaia e a Casa al Piano, senza dimenticare Montemurlo e il suo cippo, oltre al frammento attico recentemente recuperato presso la Rocca 51).
Dalla fine del V secolo, la zona di Gonfienti viene abbandonata, forse anche a seguito di variazioni climatiche piuttosto elevate, caratterizzate da forti piovosità, che potrebbero aver vanificato le opere di bonifica del territorio, come ben esemplificato nell'area del Bientina sempre alla fine del V secolo a.C., e come - in aree più lontane - sembra anche suggerire la recente letteratura sull'insediamento etrusco del Forcello di Bagnolo S.Vito 52).
Da questo momento, le tracce di vita sembrano piuttosto spostarsi nelle zone collinari, come indicano in particolare i frammenti del Palco e di Polendone nel Comune di Prato 53), ma anche di Podere Murato, di Valibona nel Comune di Vaiano, del Chiesino sul Monteferrato.
Alcuni frammenti pertinenti ad una kelebe di produzione volterrana, databile agli inizi del III secolo a.C. 54), insieme a frammenti di ceramica a vernice nera, recuperati nel corso di recenti indagini sotto il Palazzo Vescovile di Prato, in Piazza del Duomo, sembrano attestare in quest'area una presenza non sporadica, probabilmente giustificata dal fatto che siamo sulla conoide del Bisenzio, ad una quota di circa venti metri al di sopra di quello dei livelli etruschi di Baciacavallo e Gonfienti, questi ultimi coperti da stratificazioni di tipo alluvionale.
In questo periodo, anche a causa dei movimenti da nord e dell'incombere dei Romani, riprendono forza anche i luoghi già noti nel territorio, quali Pietramarina e l'altura di Spazzavento nel Carmignanese, dove Artimino si cinge di un circuito murario, coincidente nel breve tratto scavato con il futuro terrazzamento della Villa medicea, e si arricchisce di edifici pubblici all'interno dell'area urbana, come il podio nell'area della Paggeria e l'edificio pubblico a cui sarà pertinente il bel frammento fittile recuperato poco lontano 55), mentre l'alto livello culturale della comunità è suggerito da straordinari corredi quale quello di Grumaggio 56) e dalla presenza di alcune urnette di tipo volterrano che sottintende l'ubicazione di una coeva necropoli 57).
Durante l'età romana si registra una presenza maggiormente diffusa nel territorio: si ritorna ad utilizzare sia le aree di pianura già note, come Baciacavallo, Podere Murato, Podere Banchieri, sia zone di collina e di altura come il Chiesino sul Monteferrato, Valibona nel Comune di Vaiano oltre ad aree più interne della Valle del Bisenzio 58). A questi si aggiungono nuovi siti, quali alcune aree del centro di Prato (vetri, ceramica sigillata e due monete di Diocleziano vengono dagli scavi sotto il Palazzo Vescovile 59) e della sua immediata periferia, via Bresci con un edificio artigianale utilizzato fino alla tarda età imperiale, le Lastre ai piedi di Poggio Alto (Prato) e Bagnolo nel Comune di Montemurlo in pianura, ma anche la sommità di Poggio Alto e Casa Rossa sull'altura della Calvana.
Strategica appare ancora una volta la viabilità, con la Cassia Clodia, che non doveva passare lontano da Gonfienti, dove - nell'area del c.d. Scalo-Merci dell'Interporto - un edificio di età romana e alcune sepolture documentano una importante presenza a partire dal I secolo d.C. ed almeno fino al III 60). In tal senso è utile ricordare che - in un'area forse vicina - sarà da identificare la mansio ad Solaria, ubicata alla nona pietra miliare dal foro di Florentia, come la Tabula Peutingeriana sembra documentare 61).
Gabriella Poggesi
Da “Etruschi della Valle dell’ Arno” di Maria Chiara Bettini – MASSO DELLE FATE Edizioni
NOTE
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1 Il progetto per la redazione della Carta archeologica è stato promosso dalla Soprintendenza
per i Beni Archeologici della Toscana in collaborazione con gli Assessorati alla
Cultura e al PTC della Provincia di Prato. Vi partecipano, oltre alle scriventi che coordinano
il lavoro, le Archeologhe Roberta Guidi per gli aspetti relativi alla preistoria e Lucia
Pagnini per quelli relativi all'archeologia classica, Paolo Machetti per gli aspetti topografici,
Simone Bellucci per l'informatizzazione cartografica dei dati, in collaborazione con i tecnici
della Provincia di Prato.
2 I siti citati in questa breve nota sono il frutto in massima parte di recuperi di superficie e
di segnalazioni di ispettori onorari della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana,
di gruppi archeologici, di singoli ricercatori, cui si rivolge un ringraziamento particolare
per la costante opera di sostegno a fianco degli Enti preposti alla tutela e alla ricerca.
Fra questi meritano di essere ricordati: il Gruppo Archeologico Fiorentino, il Gruppo Archeologico
L'Offerente di Prato, il Gruppo Archeologico di Carmignano, il Sig. Bruno Tempestini,
il Sig. Silvio Biagini, il Dott. Leonardo De Marchi.
3 Per un quadro d'insieme del territorio si veda PERAZZI 2005b, pp. 87 sgg.
4 Notizia del rinvenimento si trova in GUERRINI 1989-90; maggiore documentazione in GUIDI
2006 pp. 59-61.
5 Si vedano in proposito GAMBASSINI 1972 e 1975.
6 GUERRINI op. cit.
7 Ci si riferisce ai ritrovamenti della confluenza Ombrone - Elsana, Podere Le Casette e ad
altri manufatti sporadici presenti in giacimenti dove sono attestati anche altri periodi del
Paleolitico, cfr. GUIDI 2006, pp.60-63.
8 GAMBASSINI 1975.
9 FORNACIARI 1966.
10 Cfr. GUIDI 2006, p. 63.
11 Cfr. GAMBASSINI 1972.
12 Cfr. MARTINI 1982.
13 Cfr. ARANGUREN, REVEDIN 2008.
14 Cfr. MARTINI ET ALII 2008.
15 Cfr. TOZZI 2000.
16 Cfr. BACHECHI 2004; GUERRINI, MARTINI 1997.
17 Si vedano SARTI, MARTINI 1993; MARTINI ET ALII 2000.
18 Cfr. SARTI 1991, pag. 20, fig. 3.
19 Vedi supra nota 18, pag. 24, fig. 7, nn. 5,6.
20 Cfr. PALLECCHI, SARTI c.d.s.
21 Pubblicata in occasione della mostra sull'archeologia pratese del 1974 (GAMBASSINI 1974).
22 Cfr. PERAZZI 2005a.
23 Si vedano in proposito MARTINI ET ALII 2000; SARTI, MARTINI 2000 con bibliografia precedente.
24 SARTI 1980-81; SARTI, GUIDI 1999.
25 Cfr. SARTI 1980.
26 Prime notizie sui rinvenimenti si trovano in PERAZZI 2006, PERAZZI, POGGESI c.d.s., PERAZZI,
POGGESI 2006 e in ultimo PERAZZI ET ALII, c.d.s.
27 Gli scavi, finanziati dalla Società Interporto della Toscana Centrale S.P.A, si sono svolti
sotto la Direzione Scientifica del Funzionario di zona Gabriella Poggesi coadiuvata nella direzione
del cantiere da Elisabetta Bocci. L'aspetto preistorico della ricerca, a partire dal
2005, è curato da Paola Perazzi.
L'esecuzione e la documentazione degli scavi del 2007 è stata affidata all'archeologa Lucia
Pagnini che ha coordinato sul campo gli operatori della ditta C.P.F. Costruzioni; la restituzione
dei rilievi è stata effettuata da Tecnostudio 77, la documentazione fotografica da
Bruno Vannucchi. I restauri dei reperti sono curati da Chiara Mauri. Gli aspetti geologici,
palinologici, paleobotanici, antropologici, paleozoologici sono curati rispettivamente da:
Pasquino Pallecchi, Marta Mariotti Lippi, Miria Mori Secci, EIsa Pacciani, Sandra Mainardi,
Ornella Fonzo.
28 Cfr.nota 26 e PERAZZI, PAGNINI 2007, PERAZZI, PAGNINI 2008.
29 Su tutto il tracciato della Mezzana-Perfetti Ricasoli sono stati eseguiti saggi preventivi con
i mezzi meccanici per accertare la presenza o meno di stratigrafie archeologiche. I lavori,
finanziati dal Comune di Campi Bisenzio, si sono svolti sotto la Direzione Scientifica del
Funzionario di zona Gabriella Poggesi coadiuvata nella direzione del cantiere da Elisabetta
Bocci. L'esecuzione e la documentazione degli scavi è stata affidata alla archeologa Cecilia
Martini, che ha coordinato sul campo gli operatori della ditta Berti.
30 PERAZZI 2007a, PERAZZI ET ALII c.d.S.
31 Cfr. SARTI, MARTINI 1975; i materiali sono comunque ancora in corso di studio.
32 PERAZZI 2004.
33 L'area, ubicata in una zona pianeggiante, a circa 40 m. s.l.m., dista meno di tre chilometri
dal Bisenzio e di quattro dall'Ombrone e dai piedi della Calvana.
34 SALVINI 1990, pp. 74-76, fig. 24,5; La pianura bolognese 1994, pp. 200-201 (ampia diffusione
e persistenza in diversi contesti della prima età del Ferro); CATENI, MAGGIANI 1997, p.
48, fig. 2,6.
35 POGGESI ET ALII 2005, p. 282 (bucchero: E.Bocci) e p. 290 (impasto: L.Pagnini); LO SCHIAVO,
BOCCI, PAGNINI, POGGESI c.d.s.
36 HENCKEN 1968, p. 151 fig. 138; La pianura bolognese 1994, p. 180 tav. XIII (Castenaso,
tomba 35); pp. 129-130, tav. V (Ca' dell'Orbo, tomba 77).
37 SALVINI 1996, Firenze, Gambrinus, tomba 4, p. 133.
38 POGGESI 1999; BETTINI, NICOSIA, POGGESI 1997, p. 108 sgg., con bibliografia.
39 BETTINI, NICOSIA, POGGESI 1997; POGGESI 2000 a, p. 21 sgg; NICOSIA 2000, p. 12 sgg., con
bibliografia; sul ricco corredo del Tumulo di Montefortini, cfr. Principi etruschi, pp. 246 sgg.
40 Sono attestati per lo più frammenti di ceramica d'impasto (forme afferenti alla sfera domestica
generalmente diffuse in Etruria dal VII secolo a.c.), di ceramica depurata e di bucchero
(per il bucchero, presente per lo più con forme aperte, si ricorda l'ansa di
kotyle-pisside del tipo c.d. Gorga, diffuso in ambito etrusco-settentrionale interno fra la
fine del VII e gli inizi del VI secolo a.c., noto a Castelnuovo Berardenga-Poggione, Cortona-
Camucia, Vicchio di Mugello-Poggio Colla, Quinto Fiorentino-Palastreto e Artimino-Montefortini),
ma anche strumenti per la filatura e tessitura, oltre a frammenti di laterizi e
ad una porzione di opus craticium. Sui primi risultati dell'indagine al Campo dei Fagiani,
cfr. POGGESI,PAGNINI c.d.s.
41 Artimino 1987; Artimino 2006; POGGESI ,MAGNO 2006, P 84 sgg.
42 BETTINI, NICOSIA, POGGESI 1997, p.104 sgg.: una breve indagine effettuata agli inizi degli
anni Novanta, in corrispondenza della parte posteriore del terrazzamento su cui è collocata
la villa buontalentiana di Artimino, ha messo in evidenza - con il recupero di porzioni di
una struttura a blocchi di grandi dimensioni commessi a secco e collocati direttamente sul
piano di roccia naturale - come il terrazzamento della Villa medicea conservasse l'andamento
della probabile cinta muraria di età ellenistica. Una presenza continua e diffusa di
piccoli gruppi insediativi è peraltro documentata anche nell'area sestese-fiorentina sia in età
villanoviana che in epoca etrusca (DE MARINIS, SALVINI 1999, p. 78), quando si evidenzierà
l'affermazione di Fiesole come centro egemone, che sembra peraltro dotarsi di un circuito
murario posteriormente al IV secolo a.C: cfr. MAGGIANI 2008; BRUNI 2005.
43 L'area di Pietramarina (sui risultati delle indagini archeologiche cfr. il contributo di
M.C. Bettini in questo stesso volume, p. 87 sgg; cfr. inoltre BETTINI 2000, p. 39 sgg.; BETTINI
2008, p. 411 sgg.) sembra connotarsi come probabile limite del comprensorio controllato
dalla comunità artiminese, punto nevralgico per quanto concerne la gestione delle principali
vie di comunicazione del territorio e dei rapporti commerciali che ne derivano, in sintesi
una sorta di presidio di frontiera, in conformità con quanto sembra emergere dall'analisi
di situazioni analoghe, non solo in periodo etrusco (cfr. ZIFFERERO 2002, p.137 sgg.)
44 RICHARDSON 1983, p. 233 n. 1; CRISTOFANI 1985, n. 43; CIAMPOLTRINI 2002, pp.126 sgg.
45 Sui risultati delle indagini archeologiche di Gonfienti, cfr. BOCCI, POGGESI, SIMILI 2000,
pp.58 sgg.; CVA 2004, pp. 45 sgg.; POGGESI ET ALlI 2005, pp. 267-300; PALLECCHI, POGGESI,
MACHETTI c.d.s.; POGGESI 2006, p.80; POGGESI, PALLECCHI, BOCCI, MILLEMACI, PAGNINI 2007, p.
68 sgg.
46 Sono stati prodotti circa cento chilometri di profili georadar.
47 CARAFA 1995, con bibliografia.
48 L. DONATI, in POGGESI ET ALlI 2005, pp. 275 sgg.
49 Anche il territorio dell'adiacente piana sestese è caratterizzato da numerosi canali strutturati,
a riprova di una sistemazione idrogeologica ed agricola della piana riferibile all'epoca
etrusca: DE MARINIS, SALVINI 1999, p.79.
50 POGGESI ET ALlI 2005, pp.272-273. Sul progetto urbanistico di Marzabotto (540 a.c.) - che
evidenzia con la coerenza generale un carattere decisamente unitario e coloniale - e sul
forte collegamento con le coeve esperienze della Magna Grecia e della Sicilia, cfr. LIPPOLIS 2005,
pp. 152-153, con bibliografia.
51 PERAZZI, TEMPESTINI c.d.s.
52 ANDREOTTI 1999, p.19; Forcello 2005, p. 26; POGGESI ET ALlI 2005, p.274 nota 27.
53 LATTANZI LANDI 1988.
54 POGGESI, WENTKOWSKA 2008. Affine al cratere n. 32 del Museo Guarnacci di Volterra (MARTELLI 1987,
p. 331 n.183), che si allinea alla produzione di uno dei ceramografi più tardi delle
botteghe operanti a Volterra, il Pittore della Monaca, autore di numerosi altri crateri nello
stesso ambito: PASQUINUCCI 1968, p. 37 n.V; nn.XLVI-XLVIII, da Monteriggioni; BEAZLEY 1947,
p.128. Tali kelebai, prodotte in officine di Volterra tra gli ultimi decenni del IV ed i primi
del III secolo a.C. e caratterizzate da standardizzazione sia tipologica che decorativa, ven-
gono ritenute per lo più contenitori per le ceneri dei defunti; a sostegno di questa ipotesi,
cfr. MARTELLI 1987, pp. 49-50; CRISTOFANI 1995, p.255; CRISTOFANI 1997, p. 176; per quanto
concerne le kelebai provenienti da contesti non funerari o pertinenti a corredi funebri di
inumati, cfr. BRUNI 1999, p. 33 nota 58.
55 BETTINI, NICOSIA, POGGESI 1997, pp. 99-100, fig. 41.
56 BETTINI, NICOSIA, POGGESI 1997, pp. 90-91.
57 BETTINI, NICOSIA, POGGESI 1997, pp. 71-72.
58 PERAZZI 2005 b.
59 DE TOMMASO 2008.
60 POGGESI ET ALlI 2005, p.275.
61 POGGESI 2000a, p.62; POGGESI ET ALlI 2005, p.274. Lo stesso termine Gonfienti (confluentes)
potrebbe indicare uno snodo stradale strategico.