Il "mistero" dei muri della Calvana (grandi complessi di murature a secco, alcuni con destinazione sconosciuta)
Cavagliano
I dintorni di Cavagliano offrono una suggestiva (ma difficilmente decifrabile) testimonianza del loro passato, attraverso una serie di sistemazioni del terreno costituenti un vasto distendersi di terrazzamenti ad uso agricolo, con murature a secco dalle più varie caratteristiche, che paiono nascondere od inglobare anche resti di fortificazioni, sepolture o forse basi di abitazioni.
Ci soffermeremo abbastanza a lungo su queste complesse sistemazioni del terreno, perché vorremmo così suggerire, partendo da questo esempio circoscritto, un più ampio esame dei terrazzamenti nel paesaggio umanizzato della Toscana, che costituirebbe un doveroso completamento di quanto finora è stato analizzato dagli studiosi riguardo allo sviluppo storico dell'organizzazione territoriale; in modo da spostare l'accento dal prevalente interesse per le architetture (sia pur viste come componenti di un tessuto urbano o rurale) verso una considerazione complessiva del paesaggio come un'unica grande architettura, nella quale, ad un substrato naturale (in continua modificazione sotto l'azione degli agenti atmosferici) si sovrappone una serie di stratificazioni di opere umane, che vanno dai semplici interventi sulla vegetazione (disboscamenti, rimboschimenti, inserimenti di nuove piante ecc.), alla costruzione di una rete viaria, al dissodamento ed alla sistemazione dei campi (con vere e proprie imponenti opere architettoniche costituite da terrazzamenti, recinzioni, fossi di scolo, argini ecc.), fino alle architetture più propriamente dette, cioè agli edifici ed al loro organizzarsi in nuclei rurali ed urbani.
Nell'ambito del nostro territorio il prof. Nannicini ha più volte richiamato l'attenzione su vari grandi sistemi di murature a secco (comprese tra Poggio Castiglioni, Sottolano e Cavagliano e ricomparenti in parte anche sul versante della Val di Bisenzio all'inizio della via di Valibona), riferendole alla presenza sia dei Liguri che, più tardi, dei Romani: per quanto riguarda le poderose murature affioranti presso il cimitero di Cavagliano, ha anche suggerito la possibilità che costituiscano i resti di un «castelliere» ligure . Non va tuttavia trascurata neppure la possibilità che, durante le invasioni barbariche, i Romani qui ritiratisi ed eventuali guarnigioni bizantine (nel qual caso sarebbe confermata l'origine del toponimo Filettole (da fulattein = gr. sorvegliare) abbiano eseguito opere di terrazzamento in parte per uso agricolo ed in parte con funzioni difensive.
Il problema della datazione di tutti gli interventi, agricoli o meno, e l'eventuale individuazione di insediamenti, fortificazioni o necropoli preromane non può essere certo risolto in questa sede di studio territoriale-paesistico con le sole nostre competenze di architettura ed urbanistica. Vogliamo tuttavia fornire un elenco di alcuni tipi di muraglioni che si riscontrano nella zona, che possa costituire un primo approssimativo orientamento per gli archeologi che volessero approfondire lo studio dello sviluppo delle sistemazioni del terreno in quest'area.
Accenniamo perciò ad una descrizione di alcune delle località più rilevanti, integrata da una documentazione fotografica e da vari rilievi schematici, che possano dare un'idea approssimativa della sistemazione delle opere sul terreno.
Tutto il territorio, salvo la parte a quota più alta, lasciata a pascolo, appare essere stata sempre coltivata (fino ad una quindicina d'anni fa) con un ampio sistema di terrazzamenti, intervallati da boschi di quercioli ed in parte di carpini (ma vi sono anche cipressete nella parte più bassa); qua e là si trovano inoltre caratteristiche macie (cumuli di pietre ricavate dal dissodamento dei campi), nonché recinzioni in pietra, alcune semplicissime, con pochi sassi sovrapposti alla buona e completate con rami e rovi (evidenti delimitazioni di pascolo) ed altre invece di una certa imponenza per il pietrame squadrato, l'altezza e la sezione (una grande recinzione di quest'ultimo tipo si trova intorno al fosso della Bucaccia, presso Poggio Castiglioni e presenta la caratteristica di sovrapporsi diagonalmente ad alcuni terrazzamenti, interrompendoli e denunciando così di essere stata costruita in periodo posteriore ad essi).
Terrazzamenti se ne trovano di ogni tipo, in riferimento sia alla pezzatura ed allo spessore della muratura, sia all'ampiezza del terrazzo, sia al dislivello tra un terrazzo e l'altro. Le differenze non sembrano seguire logicamente le esigenze del terreno: abbiamo infatti dislivelli notevoli a volte sostenuti da muri di piccola pezzatura con spessore limitato, a volte invece sorretti da muraglioni di grosse pietre e di spessore notevole (fin oltre i tre metri); mentre in certi casi (Sottolano ed in parte Poggio Castiglioni), dislivelli minimi, di poche decine di centimetri, sono separati da muri di media pezzatura ma di grande larghezza (fino a metri 2,60 a Sottolano), tanto da far seriamente dubitare della loro funzione di sostegno.
Anche l'ampiezza dei terrazzamenti non sembra dovunque legata all'andamento del terreno: troviamo infatti terrazzamenti molto ampi dove sembrerebbero meno opportuni, perché la forte pendenza del terreno costringe a muri di notevole altezza (anche quattro metri e mezzo a Val di Cigoli), mentre altrove i terrazzamenti sono ridotti di larghezza, quando il terreno poco inclinato li avrebbe consentiti molto più ampi. Sembra evidente perciò che l'attuale sistemazione del terreno sia il risultato di più interventi nel tempo, non tutti forse solamente agricoli. Questa ipotesi è confermata dall'analisi delle pezzature dei muri , che sono almeno di tre tipi; pezzatura molto grossa (a volte squadrata solo sommariamente, a volte più regolarizzata), che dovrebbe essere la più antica; pezzatura piccola più tarda (forse anche piuttosto recente) ed infine pezzatura piccola, ma con inglobati qua e là elementi assai grossi, che fanno pensare allo spoglio di vecchie murature crollate, se non di recinzioni o di fortificazioni. Considerato l'andamento della popolazione di Cavagliano, che è sempre decrescente a partire dal 1300 (come abbiamo visto nella prima parte), la presenza nella zona di ben due chiese (S. Anna Vecchia e S. Margherita a Torri) da lungo tempo sconsacrate, ed infine la buona conservazione dei caratteri degli edifici medievali (almeno a Cavagliano), per le scarse trasformazioni dei secoli successivi, siamo propensi a ritenere che anche i più recenti terrazzamenti (a parte i continui lavori di manutenzione) abbiano avuto origine per lo più nel Medioevo od al principio del Rinascimento, mentre i più antichi, al momento della costruzione delle case torri del XIII secolo, dovevano già esistere, forse da un tempo precedente almeno l'invasione longobarda.
La pietra usata, il calcare alberese assai resistente alla degradazione meteorica, nonché il fatto che le basi dei terrazzamenti poggiano per lo più direttamente sulla roccia affiorante, giustificherebbero una lunga durata e conservazione di queste opere, che altrove, con altre pietre ed altro terreno di appoggio, possono degradarsi assai rapidamente.
Antichi terrazzamenti agricoli, anche preromani, dovrebbero essere abbastanza diffusi in Italia: G. Del Pelo Pardi, nella sua opera « Agricoltura e civiltà », auspicando lo sviluppo di un'archeologia agraria, rileva come, anche nell'antichità preromana, l'utilizzo per l'agricoltura di pendici scoscese ed impervie non poteva prescindere dalla stabilizzazione del terreno con terrazzamenti, per evitare il dilavamento delle acque (sulla Calvana in particolare, aggiungiamo noi, dove la terra è scarsa fra le rocce emergenti ed il pendio scosceso, senza terrazzamenti, una volta eliminate le parti boscose, il terreno sarebbe stato dilavato in breve tempo). « Non sono stati condotti studi sistematici per conoscere quanto queste opere di carattere agrario si estendevano [in Italia] o almeno di quante di esse siano rimaste tracce. Infatti, molti terrazzamenti possono essere stati eseguiti utilizzando pietre di piccole dimensioni: in questo caso, a distanza di millenni, l'incuria, il tempo, le acque, hanno cancellato del tutto le tracce e il ricordo. Solo opere megalitiche, colossali e potenti, possono avere almeno in parte, resistito al triplice attacco. Ma opere del genere (...) debbono essere esistite in gran copia: osservazioni casuali mi hanno permesso di riscontrare numerose tracce (...); in molte zone degli Appennini si rinvengono tracce e certo in maggior copia se ne rinverrebbero con una rilevazione organica ».
Nel territorio di Cavagliano carattere eminentemente agricolo sembrano avere i terrazzamenti ad ovest della casa colonica di Val di Cigoli, le cui murature a secco sono le più imponenti per spessore (anche fino a quattro metri), altezza (fino a m. 4,50) e pezzatura (alcuni elementi superano il mezzo metro di altezza); ugualmente notevole è l'ampiezza dei terrazzi. Interessanti sono due collegamenti da un terrazzo all'altro, realizzati con rampe disposte a metà dei terrazzi stessi e costituenti uno stretto passaggio incassato tra i muraglioni, che potrebbe far pensare anche a funzioni difensive: ma manca qualsiasi cinta . Murature analoghe per spessore e pezzatura, ma di fattura appena più irregolare e di minore altezza (la presenza nelle vicinanze di altri terrazzi con piccole pietre mescolate ad elementi di grandi dimensioni, rende tuttavia possibile anche l'ipotesi di interventi di spoglio con riduzione dell'altezza) sono quelle presso il cimitero di Cavagliano, che abbiamo brevemente ricordato nella prima parte: in questo caso tuttavia l'ipotesi di un terrazzamento con funzione agricola appare meno probabile, perché il muraglione centrale termina in una specie di piattaforma rettangolare di quasi otto metri di larghezza, dominante un vasto ripiano artificiale che la recinge tutto all'intorno. Si rileva anche un accenno di cinta muraria, il cui tratto verticale sembra addirittura raggiungere la strada al di sopra della chiesa (si individuano a monte alcuni tratti e tutta la linea è coperta dalla vegetazione tipica delle rovine sassose). Il prof. Nannicini ha avanzato l'ipotesi che si tratti di un castelliere ligure ed effettivamente la prima impressione per chi giunge sul posto è quella di una fortificazione. Resta tuttavia da spiegare, se di castelliere si tratta, perché si trovi a mezza costa e non su di un cucuzzolo, come di solito avviene per i castellieri, sia liguri, che italici od illirici (non mancano infatti i cucuzzoli nelle vicinanze: il più vicino, Poggio Camerella, a quota appena maggiore, dista soltanto 700 metri): si dovrebbe dedurre che il pericolo di attacco fosse limitato al lato verso la Val di Marina.
Un'altra ipotesi (ammesso che si tratti effettivamente di un intervento preromano) potrebbe essere quella di una costruzione di carattere religioso o astronomico, dato che il muraglione terminante con la piattaforma è orientato nella direzione del sole nascente al solstizio d'estate. La pezzatura dell'alberese e la sua sommaria squadratura sono assai simili a quelle dei muri, che il Rilli ritiene etruschi, al Poggio del Giro presso Quinto (ma abbiamo già accennato in precedenza che lo stesso Rilli ipotizza una conquista etrusca di un precedente insediamento ligure), nonché a quelle dei muri del corridoio di accesso alla tomba etrusca della Montagnola, sempre a Quinto (il che dimostra ben poco perché, trattandosi della stessa pietra e di tecniche piuttosto rudimentali, i risultati possono apparire analoghi per popoli diversi e per tempi anche molto lontani fra loro).
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Mura Cavagliano e Sottolano
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Casa Sottolano
Muri a secco, che suscitano forti perplessità in relazione alla loro funzione, si trovano anche intorno alla casa di Sottolano, poco a valle di Cavagliano, lungo la mulattiera per Travalle. Qui troviamo due gruppi distinti di muraglioni, con caratteristiche assai diverse tra di loro. A monte della casa, accanto ad un muro di recinzione piuttosto notevole sia per pezzatura che per spessore (tra metri 1,50 e metri 1,80), si trovano una serie di ripiani (che potremmo chiamare anche basi) di forma assai irregolare, ma tendenti a costituire una serie di curve, che sembra impossibile ritenere soltanto opere di terrazzamento agricolo (tra l'altro alcuni di questi elementi terminano con una grossa pietra sommariamente squadrata che individua una sorta di punta). Abbiamo rilevato con una certa cura questo complesso, che appare il più problematico, e lasciamo agli specialisti lo studio di un'ipotesi più approfondita.
A valle della casa è disposta una serie di veri e propri terrazzamenti perfettamente rettilinei (lunghi fino a 70 metri) e paralleli tra di loro: qui più che la pezzatura dei muri, che appare di dimensioni medie, è lo spessore degli stessi che sembra eccessivo, in relazione al dislivello assai limitato. Si tratta di muraglioni a secco dei quali il minore presenta uno spessore di metri 1,10 mentre i maggiori raggiungono i metri 2,60, con dislivelli variabili ma tutti compresi tra un minimo di venti centimetri (riferito proprio ad un muro dello spessore di metri 2,60) ed un massimo di metri 1,10; i muri sono tutti rialzati anche rispetto al terreno a monte, che sovrastano finanche di metri 1,20, presentando un doppio paramento a vista con all'interno un riempimento più irregolare (in sostanza una muratura a sacco senza malta, per quel che è possibile dedurre da un'osservazione semplicemente esterna). Vari terrazzi terminano da un lato su di un acquidoccio in muratura che raccoglie le acque di scolo. Mancando nella zona cumuli di sassi di dissodamento, si potrebbe avanzare l'ipotesi che le numerose pietre rimosse per rendere il terreno coltivabile (qui la roccia è continuamente affiorante) siano state disposte, invece che in mucchi irregolari, in muraglioni più difficilmente attaccabili dalle intemperie ed atti a trattenere il dilavamento e forse a raccogliere il terreno trasportato dalla parte più ripida a monte.
Serie di muri paralleli, anche questi quasi senza dislivello, ma con spessore molto più ridotto, si trovano anche intorno a Poggio Castiglioni; i più interessanti all'interno di una dolina carsica oggi appena accennata.
A Sottolano il fatto che si impone maggiormente e lascia perplessi è tuttavia la larghezza dei muri stessi (sono ben cinque su nove quelli che superano i metri 2,30).
Non possiamo avanzare ipotesi sul periodo di costruzione; ci limitiamo a notare che la tecnica è molto accurata e la regolarità rettilinea e parallela (oltre alla pezzatura più piccola) contrasta con le irregolarità e le continue curvature dell'adiacente complesso a monte della casa, citato in precedenza. Data la vicinanza con le suddette strutture curve, si potrebbe supporre anche qui l'esistenza di qualcosa di simile, smantellato più tardi per ottenere terreno coltivabile, disponendo il pietrame ricavato in muraglioni regolari al bordo del lieve dislivello di ciascun terrazzo.
Indipendentemente dalla maggiore o minore antichità e quindi dal relativo interesse storico delle strutture, è comunque rilevante (e da salvaguardare) il valore paesistico che questa serie di muraglioni assumono nel complesso selvaggio della Calvana, costituendo una specie di tessitura regolare sovrapposta ad un terreno brullo e caratterizzato dalle rocce affioranti disordinatamente: attualmente i terrazzi non sono più coltivati, ma l'effetto di un forte intervento regolatore dell'uomo sul paesaggio doveva risultare assai più evidente prima dell'abbandono.
Da "Quaderni del territorio pratese. Cavagliano parte 2a" di S.Bardazzi, E.Castellani
Riportiamo dal “ Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana - SCAVI E RICERCHE SUL TERRITORIO" (edizioni ALL' INSEGNA DEL GIGLIO) :
“Nella primavera del 2005, in seguito a segnalazioni, è stata effettuata con procedura d’urgenza una campagna di saggi stratigrafici sul monte Calvana , nei boschi che dominano da est la valle del Bisenzio e il vicino abitato di Filettole. Nella zona del Borro della Lastruccia, in località La Pozza, nascosti dalla fitta vegetazione, emergevano grandi accumuli di pietre e si intravedevano strutture murarie delimitanti piccoli ambienti, che richiamavano la tipologia delle tombe etrusche a camera.
La ripulitura dal manto vegetale ha consentito di mettere completamente in luce quattro strutture e di individuare altre evidenze di pietre lavorate negli ampi spazi compresi tra un’emergenza e l’altra.
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Necropoli Lastruccia Number of photos10
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....Le strutture .... , realizzate a secco utilizzando pietre e lastre grezze o appena sgrossate di alberese ricavato dai numerosi affioramenti della zona, sono disposte lungo i pendii a sfruttare terrazzamenti naturali, in parte integrati a valle da muri nei quali possiamo riconoscere dei veri e propri tamburi. Queste strutture sono state profondamente modificate e riutilizzate nel tempo, come testimoniano i numerosi inserimenti della varietà di alberese denominata cappellaccio nelle integrazioni dei muri, le pesanti tracce di malta, alcuni muri con andamenti anomali, oltre all’assenza di reperti sui piani pavimentali. Gli edifici sono stati occupati in epoca recente dai boscaioli e dai cacciatori, come documentano i numerosi bossoli di cartuccia.
Le emergenze possono tuttavia essere identificate come tombe a camera di periodo etrusco, una tipologia che ricopre un arco cronologico ampio ed un vasto territorio. Attestata fin dall’VIII secolo a.C. accanto alle semplici tombe a fossa, la sepoltura con struttura a camera diviene la forma dominante in tutta l’Etruria, anche se con varianti architettoniche locali (Prayon 2000, pp. 335-344). Per il complesso pratese, utili possono essere alcuni confronti nell’ambito del territorio fiesolano, in particolare con la necropoli di via del Bargellino a Fiesole, databile al III secolo a.C. (Galli 1913, p. 327 sgg.; Magi 1928, p. 325 sgg.; Maetzke 1957, p. 267 sgg.). Oltre alle forti analogie costruttive, sia la necropoli di Fiesole che quella della Calvana si adattano fortemente alla morfologia naturale del terreno, mediante sistemazioni su terrazzamenti atte ad assecondare la pendenza della roccia e la loro collocazione lungo una direttrice viaria.
La valle del Bisenzio è stata infatti una via di comunicazione transappenninica molto importante nell’antichità, in quanto collegava due aree etrusche allineate geograficamente, a nord e a sud dell’Appennino – da un lato Marzabotto e Bologna, dall’altro Fiesole, Prato e Artimino –, continuando a svolgere questa funzione di collegamento anche più tardi, nel periodo ellenistico. Le tombe della Calvana sono quindi strategiche per la posizione che occupano, poiché si trovano lungo percorsi transappenninici battuti almeno fin dal periodo arcaico (Poggesi 2000, pp. 61-69).
Stando ai dati recenti, l’insediamento più vicino alle tombe è il centro etrusco di Gonfienti, presso la moderna Prato, collocato all’estremità della pianura pratese compresa tra il fiume Bisenzio, il torrente Marinella e le pendici della Calvana, datato tra il VI secolo e la fine del V secolo a.C. (Millemaci, Poggesi 2004, pp. 45-46). Tuttavia collegare le tombe della Pozza con l’abitato di Gonfienti desta alcune perplessità, poiché la collocazione in altura dell’eventuale necropoli appare poco credibile rispetto all’insediamento posto a valle. In tal senso, anche i rarissimi reperti rinvenuti nel corso delle indagini sulla Calvana non offrono alcun supporto, in quanto riferibili oltre la metà del XVII secolo d.C. e pertanto connessi ai pesanti rimaneggiamenti e alle riutilizzazioni delle strutture.”
Gabriella Poggesi (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana)
Andrea Magno (Società Archeologica del Centro Italia)
Riferimenti bibliografici
Galli E. 1913, Scoperta di sepolcri a camera in via del Bargellino, in NS, p. 327 sgg.
Maetzke G. 1957, Scoperta di tombe etrusche in via Matteotti, in NS, p. 267 sgg.
Magi F. 1928, Nuova tomba a camera nel sepolcreto di via Bargellino, in NS, p. 325 sgg.
Millemaci G., Poggesi G, 2004, Ceramica attica dall’abitato etrusco di Gonfienti, in Attische Vasen in etruskischem Kontext, Beihefte zum CVA, II, München, pp. 45-52.
Poggesi G. 2000, Prato, Gonfienti: la ricerca archeologica nell’area dell’Interporto. Il contesto, in M. C. Bettini , G. Poggesi (a cura di), Archeologia 2000. Un progetto per la Provincia di Prato, Atti della giornata di studio (Carmignano 1999), Montespertoli, pp. 58-69.
Prayon F. 2000, L’architettura funeraria, in M. T (a cura di), Gli Etruschi, Catalogo della mostra (Venezia),Milano, pp. 335-344.
Nel Giugno del 2007 sulla cima del monte Cantagrilli vennero effettuati dei saggi di scavo organizzati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana (Ispett. di Zona Gabriella Poggesi), in collaborazione con l'Università di Siena, l’Università Italiana della Preistoria di Firenze (Dir. Lucia Sarti Martini) ed il Comune di Calenzano . Quest’iniziativa, fortemente sostenuta dall’ Archeologa Sara Perusin, fu condotta materialmente da una equipe di studenti della Università stessa, coadiuvati dal Gruppo Archeologico "L’Offerente" di Prato, che aveva segnalato la presenza del sito, risalente ad epoca preistorica, già dall’anno 1995.
Gli scavi si protrassero per un mese con buoni risultati, ed i relativi reperti si trovano tuttora esposti in una sala del Castello di Calenzano alto.
Questo avvenimento è documentato nel Notiziario della Soprintendenza 1/2005 Ed. "ALL'INSEGNA DEL GIGLIO", sez. : -SCAVI E RICERCHE SUL TERRITORIO-, da cui riportiamo la citazione :
“Un altro sito da ricordare si trova sulla sommità della Calvana, in località Cantagrilli-Rio della Ripa. Qui è stata raccolta un’industria litica di formato piccolo e molto piccolo a spigoli freschi, apparentemente in giacitura primaria, nella sezione di un dilavamento naturale a tratti ripido, poco profondo. Un sondaggio sul posto potrebbe consentire di mettere in luce livelli antropici intatti di età preistorica.”
Alcune foto di documentazione :
Nella pagina successiva una veduta aerea della zona di riferimento
Qui una galleria di immagini del Cantagrilli e delle cime vicine riprese durante una ricognizione col deltaplano
La pagina che precede questa era dedicata espressamente alla Necropoli etrusca della Lastruccia, una serie di tombe del IV-III a.c. riportate alla luce in Calvana agli inizi del 2005, il cui ritrovamento fece a suo tempo molto scalpore, sicuramente sull’onda del grande evento dell’archeologia pratese di alcuni anni prima, la scoperta dell’antico sito di Gonfienti.
La notizia superò i confini cittadini, la Soprintendenza investì alcune decine di migliaia di euro per farle tornare ad essere visibili (erano altri tempi), le classificò come tombe etrusche del IV-III secolo a.c., e conferì loro tutti i crismi dell’ufficialità inserendole nel Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana del 2005 (vedi pag.precedente)
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Però ciò che magari non tutti sanno è che l’intera Calvana è disseminata di strutture-tumulo che ricordano quelle della necropoli della Lastruccia, strutture che non godono del riconoscimento formale della Soprintendenza e che sfuggono all’attenzione del visitatore distratto, o perché sepolte dalla vegetazione spontanea o perché talmente danneggiate dall’usura del tempo da essere rese irriconoscibili.
Bene, il nostro intento è quello di far conoscere a chiunque ne sia interessato questa realtà, facendolo partecipare, attraverso una serie di foto scattate in un ampio arco spazio-temporale, ad un immaginario archeo-trekking sui nostri poggi.
Vorremmo però far precedere questa rassegna da una appassionata ed efficace introduzione di Franco Focosi, per far capire al lettore qual è lo spirito che anima le nostre ricerche, e per cercare di trasmettergli , per quanto ci è consentito, un po’ di quel fascino che esercita su di noi la nostra montagna: una presenza forte, preziosa e discreta, sempre a portata di mano, ma sempre disposta a sorprenderci con regali inaspettati.
UN ARKEOITINERARIO SULLA CALVANA
Proprio cosi': son passati ormai abbondantemente piu’ di 10 anni da quando sulla spinta del ritrovamento dell' antica citta' etrusca sul Bisenzio a Gonfienti cominciammo ad esplorare con “occhio diverso” le prime propaggini della Calvana a partire da Pizzidimonte, con la segreta speranza di poter ritrovare anche li' tracce del nostro passato.
Galeotta fu una foto degli anni settanta che scattammo in compagnia del professor Nannicini ,all' epoca professore di latino e italiano al Liceo scientifico Copernico, proprio là sopra Pizzidimonte a Poggio Nucchiale, e che ci immortalava accanto ad un terrapieno intenti a studiare una interessante macia, che il professore sosteneva essere una Tomba Etrusca.
Con questa immagine ben impressa nella mente siam partiti come novelli "Indiana Jones" per la grande avventura.
Questa carrellata di immagini fotografiche nasce dall'esigenza che abbiamo avuto di fare il punto della situazione , dopo questi anni di ricerche e perlustrazioni fatte sia dal Gruppo Archeologico l’Offerente che da altri amici, appassionati del nostro territorio.
Tutte esperienze che ci hanno aiutato ad entrare in un mondo affascinante, ma fino ad allora quasi sconosciuto.
Un saluto e un ringraziamento va a tutti coloro con i quali continuiamo a sentirci e confrontarci, pronti a condividere qualsiasi notizia importante giunga sul fronte delle ricerche.
Nasce cosi’ un archeo trekking disegnato e sviluppato sulla parte pratese della Calvana, accessibile a tutti e che collega tutti i manufatti piu' interessanti che abbiamo rintracciato e reso di nuovo visibili in questi anni di perlustrazioni.
Un modo diverso per camminare attraverso i nostri poggi, che unisce al piacere di stare in mezzo alla natura la bella sensazione di attraversare luoghi ricchi di storia e carichi di energia, luoghi che sono a due passi dalle nostre case ma che hanno la capacita' di trasportarci lontano nel tempo.
Una magia che vale la pena di provare.
Se gli uomini lasciano delle orme è perchè vogliono che si segua la loro via. Orme volontarie, di riaffermazione, orme che confermano, che fanno dubitare, orme che confondono.
Gli uomini lasciano impronte nel suolo e nell'aria.
Queste tracce ci sono e sono intorno a noi, e anche se il tempo le mimetizza o le copre, ogni tanto tentano di riaffiorare per mandare un messaggio a qualche attento sognatore.
Franco Focosi
Il nostro immaginario percorso inizia, come è logico, da una zona pedemontana, zona conosciutissima dalla maggior parte dei Pratesi: il territorio compreso tra la fonte della Rimpolla e S.Cristina (la villa omonima è visibile da gran parte della città).
In quest’area ne abbiamo individuate perlomeno 5, sufficientemente riconoscibili; i nomi che abbiamo usato per distinguerle, queste come tutte le altre, sono nomi di fantasia, e glieli abbiamo dati noi (qualcuno doveva pur farlo .... )
A questo punto ipotizziamo di prendere il sentiero 24, che costeggiando da una posizione piuttosto alta il fianco del poggio in direzione sud ci porta sul crinale e quindi ad incrociare il sentiero n.20, quello che percorre tutta la dorsale della Calvana; poi qui decidiamo di prendere la direzione nord per arrivare alla Casa Rossa, anche questa visibile dalla città, dopo aver oltrepassato la cima del Poggio Bartoli (478 m.).
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Lungo tutto il percorso, naturalmente cercando bene anche nelle zone adiacenti al sentiero principale, via via ne potremmo trovare come minimo altre 5 :
Qui potremmo riprendere il sentiero 24, che fa una specie di anello intorno al Poggio Bartoli, e questa volta, oltrepassato il crinale, passiamo nella zona del versante opposto alla città.
Troviamo quasi subito località S.Anna Vecchia, dove anche qui c’è una struttura :
Poi, camminando un po’, arriviamo al sito della Bucaccia, un arcaico insediamento umano, dove possiamo osservare resti di muraglie, basamenti, canalizzazioni e tracce di antiche strade.
E tumuli, naturalmente :
Sempre seguendo il sentiero, si arriva a Poggio Castiglioni (392 m.), l’estremità meridionale del massiccio della Calvana, e in questa zona si possono trovare altre strutture:
Infine, per concludere la nostra ricognizione della zona sud della Calvana, immaginiamo in prossimità di Casa Castiglioni di lasciare il sentiero 24 per prendere la strada sterrata che scende a Travalle.
Di qui si arriva a Poggio Nucchiale, nel cui territorio si trovano :
E, arrivati nei pressi di Travalle, troviamo :
Volendo ora prendere in considerazione per il nostro scopo la zona nord della Calvana, non possiamo fare a meno di stabilire come base di partenza la salita dei Cappuccini, anche questa zona conosciutissima dai pratesi. Ci sono due possibilità: prendere sulla sinistra la direzione per Filettole, oppure, sempre sulla sinistra, salire più su, ed arrivare alla strada dei Cento Pini. Scegliendo questa seconda opzione, qui troviamo :
Poi possiamo proseguire, sempre in salita, sulla strada asfaltata che porta ai Bifolchi (ora Casa Vieri), dove nei dintorni è possibile trovare:
E un pò più in su, nel territorio che un tempo era denominato Biocciano:
Lasciati i Bifolchi, prendiamo il sentiero 24, in direzione nord; dopo aver incrociato il sentiero 26, quello che da Filettole sale fino a ritrovare il 20, il sentiero del crinale, troviamo sulla sinistra l’indicazione per le Tombe della Lastruccia, che tralasciamo perché trattate nella pag. precedente. Dopo circa 15 min. si arriva a Casa Bastone.
Tumuli nella zona :
A questo punto abbiamo esaurito la ricognizione della parte più alta della Calvana a nord (con una eccezione, il Monte Cagnani, come vedremo dopo).
Per prendere in esame la parte più bassa, bisogna ripartire dalla salita dei Cappuccini, e questa volta prendere la strada che va a Filettole, sempre sulla sinistra.
Passato questo borgo, si passa davanti a villa Gherardi, e nei pressi si possono trovare :
Proseguendo sulla stessa strada troviamo Carteano, con :
La strada prosegue nella stessa direzione col sentiero 40, quello che in seguito si affiancherà al Rio Buti per salire gradatamente ed arrivare fino al Crocicchio di Valibona (617 m.).
Però , prima di incontrare il Rio, passeremo nei pressi del territorio di Canneto, anche questo non privo di strutture :
Infine, se vogliamo completare questa nostra osservazione relativamente alla zona nord della Calvana, dobbiamo riprendere il sentiero 40 e cominciare a salire, fino ad arrivare al Monte Cagnani (750 m.); qui troveremo:
Oltrepassato il Cagnani incroceremo il sentiero 42, che scende dal lato del versante della città, e devieremo verso Faltugnano, nel cui territorio si può osservare:
In ordine di tempo, questo è l’ultimo che abbiamo trovato, e l’abbiamo chiamato Tumulo degli Allori. Purtroppo il suo stato di conservazione non è dei migliori, ma è comunque tuttora riconoscibilissimo. Per raggiungerlo, bisogna fare qualche passo indietro, e tornare nella zona di Carteano; non è molto distante dalla cosiddetta Ghiacciaina.